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Letteratura del '200: Scuola Dolce Stil Novo. Guinizelli e Cavalcanti

Dopo aver visto la Scuola di Transizione, passiamo ora al famoso "Dolce Stil Novo".

Siamo ancora nel duecento (1200). Tutto inizia presso l'Università di Bologna, all'epoca tra le più importanti in Europa. Qui vi insegnava un certo Guido Guinizelli, detto "il saggio".

In questo contesto avviene l'incontro fra la tradizione provenzale e la scienza scolastica. La donna ideale (punto fermo della scuola provenzale) viene elevata al di sopra di tutto, diventa angelica, platonica.

La figura femminile si presenta nel mondo terreno per salvare l'uomo; dopodiché viene accolta in "Paradiso", nell'alto dei cieli.

Solo nel "cor gentile", che insegue la virtù, può prendere vita l'amore, un amore puro.

Tale visione della "donna angelo" la si può ben notare nei versi del Guinizelli:
Al cor gentil rempaira sempre amore
tratti da "Origine e natura dell'Amore", una sorta di bibbia, manifesto, del Dolce Stil Novo (o Nuovo).

Qui vi si trovano le caratteristiche dell'amore, legate da gentilezza, animo nobile. L'uomo viene guidato da questa donna angelica, la quale fa da intermediario tra l'uomo stesso e Dio.
Una volta giunta la morte, Dio chiederà conto all'uomo sull'amore e l'uomo risponderà di aver amato una donna che sembrava un angelo.

La letteratura, con il Dolce Stil Novo, si arricchisce con quella che possiamo definire la prima genuina poesia italiana.

In Italia, infatti, l'Amor Cortese, cavalleresco, della Provenza, era stato accolto con distacco ed era caratterizzato da un rapporto "freddo", distante. Invece, il Dolce Stil Novo sembra aprire il cuore della coscienza italiana, e portare più entusiasmo, maggiore ispirazione. Una poesia più spontanea, forse per questo più adatta al "Bel Paese".

Quali sono i più importanti esponenti del Dolce Stil Novo?


Tra i poeti più produttivi ed importanti possiamo sicuramente citare il già menzionato Guido Guinizelli, poi Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia e Dante Alighieri.

Cerchiamo di conoscere un pochino i primi tre, per poi dedicare a Dante un approfondimento nel prossimo capitolo.

Guido Guinizelli, vita e opere


La data della sua nascita dovrebbe essere il 1240 (anche se alcuni testi riportano: tra il 1230 e il 1240) e il luogo, Bologna. Morì a Monselice, in provincia di Padova, nel 1276 all'età di 36 anni.
Dedicò la sua esistenza all'Università di Bologna, dove insegnò diritto. Il suo soprannome era "Il saggio".

In vita si schierò dalla parte dei Ghibellini (fazione dei Lambertazzi); perciò, con la vittoria politica dei Guelfi nel 1274, venne esiliato dalla città. Andò quindi a Monselice, dove trascorse i suoi ultimi due anni.

Dante Alighieri, nella sua opera "Purgatorio", della Divina Commedia, lo definì come precursore del Dolce Stil Novo, il caposcuola. Soprattutto con la canzone, citata prima, "Al cor gentil rempaira sempre amore" (...come l’ausello in selva a la verdura; né fe' amor anti che gentil core, né gentil core anti ch’amor, natura...).

Tra le sue opere, incentrate per lo più sull'amore, troviamo canzoni, ballate, sonetti.

Oltre a "Origine e natura d'amore" (Al cor gentile...), possiamo ricordare:
- "Lo vostro bel saluto e 'l gentil sguardo".
- "Io voglio del ver la mia donna laudare" (e assembrargli la rosa e lo geglio...).
Interessante confrontare quest'ultima opera con la famosa "Tanto gentile e tanto onesta pare" di Dante Alighieri.

Guido Cavalcanti, vita e opere


Nato tra il 1255 e il 1260 a Firenze e morto nel 1300, in seguito ad una malattia, sempre nella città toscana. Aveva circa 40-45 anni. In vita divenne amico di Dante Alighieri, quest'ultimo più giovane di cinque anni. Era di famiglia nobile e ricca.

Travagliata la sua vita amorosa: praticamente da bambino venne promesso sposo a Beatrice (detta Bice) degli Uberti, figlia del noto ghibellino Farinata. I due si sposarono ed ebbero probabilmente due figli. Tuttavia, il Cavalcanti, s'innamorò di altre due donne: Mandetta di Tolosa, conosciuta durante il pellegrinaggio verso San Iacopo (Santiago) de Compostela, e una certa Pinella, conosciuta nei bagni/terme di Porretta (al confine tra Emilia e Toscana), meta abituale di cittadini benestanti provenienti da Firenze e Bologna.

A queste due donne dedicò dei versi (nel sonetto "Una giovane donna di Tolosa" e nei versi scritti con l'amico Bernardo da Bologna "...lo core ardendo in la disfatta nave, mand’io a la Pinella un grande fiume pieno di lammie, servito da schiave bell’e adorn’e di gentil costume"), mentre nulla scrisse sulla moglie Bice.

C'è poi una quarta donna, Giovanna (Monna Vanna), che non appare nei testi di Cavalcanti ma viene descritta da Dante Alighieri, come donna amata dall'amico fiorentino. Dante fa capire che Cavalcanti, quando scrive "Fresca rosa novella, piacente Primavera", in realtà con "Primavera" intende la sua amata, "Monna Vanna" (possibile spiegazione: Primavera come "Prima verrà", cioè amore giovanile che precede l'amore per Bice). In pratica è una interpretazione di Alighieri, non riscontrabile nell'opera di Cavalcanti.

Politicamente coinvolto nella vita cittadina, si schierò con i Guelfi Bianchi, in contrasto con i Guelfi Neri. Tra i protagonisti di questi ultimi c'era Corso Donati, il quale cercò più volte di far ucciderlo. In seguito ad una rissa tra Neri e Bianchi, il Cavalcanti venne esiliato insieme ai capi fazione a Sarzana. Tale condanna venne decisa dai Priori, tra i quali c'era anche l'amico Dante Alighieri.
In esilio si ammalò, quindi tornò a Firenze dove morì nel 1300.

Le sue opere.
Canzoni, ballate e sonetti (più una sessantina di sonetti anonimi probabilmente scritti da lui).
Due filoni:
  • Poesia filosofica, del Dolce Stil Novo
    Sulla "Natura d'amore" ("Donna mi prega perch'io voglio dire")
  • Poesia spontanea, lirica pura
    Versi dedicati (così afferma Dante) a Monna Vanna ("Fresca rosa novella, piacente Primavera", il passo di cui abbiamo prima scritto), e alla Mandetta di Tolosa ("Una giovine donna di Tolosa").
    In particolare, le ballate delle pastorelle ("In un boschetto trova' pasturella")

Cino da Pistoia, vita e opere


Guittoncino di ser Francesco dei Sigibuldi. Nato a Pistoia nel 1270, da famiglia nobile, è il poeta di cui ci sono giunte più opere stilnoviste. Era un Guelfo Nero, che i Bianchi hanno confinato fuori dalla città. Vi tornò nel 1306, con la riconquista di Pistoia da parte dei Guelfi Neri. Esperto di diritto, insegnò a Siena, Napoli e Perugia. La donna amata si chiamava Selvaggia, il cui padre era un capo dei Bianchi; morì molto giovane.

Fu amico di Dante Alighieri, il quale lo menzionò poi nel "De Vulgari eloquentia" definendolo il "Poeta dell'amore". La sua morte, a Pistoia, risale al 1336; aveva 66 anni circa.

Al centro delle sue opere, Selvaggia, la donna della sua vita. Ne canta la bellezza e la prematura morte, con note più umane e meno spirituali (aspetta che lo contraddistingue dai poeti precedenti).

Scrisse anche sulla morte di Dante, di Beatrice e di Arrigo VII (uomo stimato sia da Cino che da Dante, visto come possibile pacificatore tra i vari territori italiani dell'epoca). Un'altra canzone, realizzata a Napoli, di natura nostalgica, dedicata al paese d'origine ("Deh! Quando rivedrò il dolce paese"). Poi, ancora, testi in omaggio a Dante e alla vita, così noiosa e oppressiva, dolorosa ("Tutto che altrui aggrada, me disgrada").

Particolarmente psicologico l'approccio di Cino Sigisbuldi, con forme poetiche musicali. Viene considerato, per questo, il maestro a cui si è poi ispirato Francesco Petrarca.

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