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Letteratura italiana, la scuola di transizione del Duecento

Oggi ci occupiamo del terzo capitolo riguardante il "Duecento" (1200).

Dopo aver spiegato la Lirica Religiosa e la Scuola Siciliana, passiamo a quella che viene definita come "Scuola di Transizione", cioè un periodo di passaggio tra uno stile e l'altro, tra la poesia cavalleresca siciliana e il Dolce Stil Novo.

Tutto ha inizio con un evento storico, la Battaglia di Benevento, avvenuta nel 1266, tra Carlo d'Angiò (guelfi) e Manfredi di Sicilia (ghibellini). La morte di Manfredi, ultimo vero cavaliere medioevale, segna la fine dello stile cavalleresco.

Tra gli esponenti più importanti della Scuola di Transizione troviamo:

Guittone d'Arezzo (nato nel 1235, luogo di nascita sconosciuto; morto a Bologna nel 1294), le cui opere sono suddivise in due fasi: "erotico" (rime d'amore) e "mistico" (rime religiose, morali, dedicate a Dio).
Famosa la sua canzone sulla Battaglia di Montaperti (del 1260), dal titolo "Ahi lasso! Or è stagion di doler tanto". Note anche le sue "Lettere".

Chiaro Davanzati (poco si conosce della sua vita: dovrebbe essere nato a Firenze intorno alla metà del 1200 e morto verso la fine del secolo). Se Guittone è il "caposcuola" dello stile di transizione, il Davanzati è sicuramente il maggior esponente. Non solo, le sue opere anticipano quello che verrà dopo, cioè il Dolce Stil Nuovo (o Novo). Scrive rime d'amore e un serventese, un componimento poetico che narra i fatti del periodo storico in cui viene realizzato, sulla Battaglia di Montaperti e sulla triste fine della sua città natale, sconfitta dai ghibellini di Siena.

Bonagiunta Urbiciani (nato a Lucca nel 1220, morto sempre a Lucca nel 1290), detto anche Orbacciani da Lucca. L'ultimo poeta di questo periodo di transizione è l'Urbiciani, il quale si potrebbe definire come "ponte" tra la Scuola Siciliana e il Dolce Stil Novo, un passaggio anche geografico, dalla poesia del sud a quella del centro Italia. Lo troveremo anche citato da Dante Alighieri, nel Purgatorio della Divina Commedia (capitolo XXIV):
"O frate, issa vegg'io", diss'elli, "il nodo
che 'l Notaro e Guittone e me ritenne
di qua dal dolce stil novo ch'i' odo! ..."
In questi versi, Dante dice di aver conosciuto il Dolce Stil Novo dal "Notaro" (Urbiciani era infatti un notaio di professione) e il Guittone.

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